Ciao Agostino. Ciao Capitano. D’accordo, come intesi. La smetteremo di romperti le scatole sul 30 maggio 1994. Su quella data si è scritto tutto e il contrario di tutto, sarebbe superfluo e scocciante perseverare oltre.
Con te oggi vogliamo ricordare però un altro 30 maggio. No, tranquillo. Non parleremo di quel 30 maggio 1984, di quei rigori nella finale di Coppa Campioni all’Olimpico tra Roma e Liverpool, di Grobbelaar che distrasse troppo Bruno Conti e Ciccio Graziani, mentre tu lo freddasti senza paura con quel tuo solito tiro che non lasciava scampo ai portieri avversari. Lasciamo stare, so che stai ancora a rosica’, come dite voi romani, per quel trofeo dalle grandi orecchie che avresti meritato senz’altro e che ti sfuggì per un soffio.
Vorremo invece parlare con te di quel 30 maggio 1990. Ricordi? Certamente sì. Era un mercoledì di allenamento in una settimana che in quel di Salerno pareva un lungo “Sabato del Villaggio” di leopardiana memoria. Tre giorni prima, infatti, un tuo tiro aveva consentito alla Salernitana di espugnare Brindisi e di scacciare i fantasmi della doppietta del palermitano Cangini del 20 maggio precedente. Un tiro che valeva il ritorno “virtuale” in B della Bersagliera dopo 23 lunghissimi anni di attesa.
Domenica 3 giugno, sarebbe bastato un pari al “Vestuti” col Taranto già promosso per trasformare il “virtuale” in “reale”. Un pari che tutti già davano per fatto. E così effettivamente accadde. Però, siamo pronti a scommettere che tu non eri tra questi.
Conscio che il calcio, il tuo amato calcio, potesse riservare sorprese negative da un momento all’altro, siamo arcisicuri che in quel mercoledì 30 maggio 1990, avevi amabilmente martellato i tuoi compagni di squadra a dare il massimo, convincendoli che col Taranto tutto sarebbe stato tranne che una passerella. Siamo pressoché convinti che le orecchie dei vari Di Battista, Battara, Donatelli, Pecoraro, Lucchetti ancora rimbombano dei tuoi preziosi insegnamenti rilasciati quel 30 maggio 1990.
Anche perché eri altrettanto consapevole che quel 30 maggio sarebbe stato il tuo ultimo mercoledì da calciatore e quindi altro che lasciarsi andare. Dovevi dimostrare al resto della truppa che un professionista degno di tal nome, lo era sempre, dal primo giorno della sua attività fino alla fine di quest’ultima. Un atteggiamento da vero Capitano.
Ecco, quel 30 maggio 1990 vogliamo ricordare. Perché, a distanza di 30 anni, sei ancora un esempio per tutti. Ciao Agostino. Ciao Capitano.
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