Riuscire a risollevarsi dopo un periodo difficile e passare, nel giro di pochi mesi, dalle stalle alle stelle. Nel mondo del calcio, di storie di questo genere ve ne sono state tante. Calciatori che al primo anno in una squadra avevano fornito prestazioni al limite dell’imbarazzo, ma che ostinatamente sono voluti rimanere nella stessa compagine per ottenere il riscatto l’anno successivo. Un club di calciatori ai quali è giustamente iscritto anche Giuseppe Di Sarno.
Nato a Pomigliano D’Arco il 2 maggio 1964, Di Sarno venne acquistato dalla Salernitana nell’estate 1988 dal Barletta, dove aveva collezionato 14 presenze in Serie B nel torneo 1987/1988. In precedenza, tanta C2 con le maglie di Palmese, Ercolanese e Ospitaletto e piccole parentesi al Bologna in B e al Prato in C1.
L’allenatore Toni Pasinato prima e Leonardi poi (escludendo la brevissima parente di Soldo) lo preferiscono a Vincenzo Marino nel ruolo di terzino sinistro. In quella stagione, complessivamente negativa per la Salernitana con una salvezza conquistata solo alle ultime battute, alterna buone prestazioni a clamorosi scivoloni, che gli valgono il poco consono epiteto di “Disastro” Di Sarno.
Nonostante le contestazioni, il difensore di Pomigliano venne confermato per la stagione 1989-1990 dal d.s Manni e dal tecnico Ansaloni. Di Sarno ripaga la fiducia ricevuta, convincendo questa volta anche i più scettici e riscattandosi personalmente, tant’è vero che con 29 presenze è uno dei più positivi del gruppo che ottiene il ritorno in Serie B dopo 23 anni.
Una stagione del riscatto che gli vale la conferma nel campionato cadetto. Ansaloni lo sposta sulla destra, al posto di Di Battista mentre il suo posto sull’out mancino viene preso da Lombardo. Un torneo discreto a livello personale, meno a livello di squadra, considerata la retrocessione dopo lo spareggio con il Cosenza.
Una retrocessione che gli costa l’addio alla Salernitana. Di Sarno passa alla Reggina dove gioca le sue ultime 22 partite da professionista, prima di appendere le scarpette al chiodo. Un calciatore che, nella sua parentesi in granata, ha dato una lezione di vita a tutti: mai mollare.
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